Tutto era pronto, lo ha ammesso anche in conferenza stampa il Presidente americano Trump. Tutto era pronto ieri ad Hanoi per firmare l’accordo tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Alla fine, pero’, la firma non c’e’ stata.
Per molti commentatori – anzi, per la maggior parte dei commentatori – la mancata firma dell’accordo tra Washington e Pyongyang rappresenta un fallimento di Donald Trump. Neanche a dirlo, i commentatori sono gli stessi che descrivono come un crimine il fatto che il Presidente americano ha scelto di uscire dall’accordo nucleare con l’Iran.
A questi stessi commentatori, poco importa il contenuto dell’accordo che viene firmato. Poco importa se, accentando le condizioni di Kim, Trump avrebbe regalato praterie ad un regime che, nonostante la disponibilita’ a negoziare, e’ sempre un regime criminale e dittatoriale, di cui e’ molto difficile potersi fidare. Gli stessi commentatori che hanno pianto quando Obama ha firmato l’accordo con l’Iran, fregandosene altamente se questo accordo era parziale, mal scritto, lacunoso e soprattutto se – abolendo le sanzioni senza preocondizioni – ha regalato miliardi di dollari ai Pasdaran.
Proprio sull’abolizione delle sanzioni pare essersi arenato l’accordo tra Trump e Kim. Il Presidente americano non si e’ sentito approvare la fine completa delle sanzioni verso la Corea del Nord. Nonostante quanto vogliono far trasparire i “benpensanti”, quella tra Trump e Kim non sembra essere una rottura definitiva. I due, infatti, potrebbero rivedersi prossimamente.
Che l’accordo venga firmato o meno, poco importa. Cio’ che conta e’ che, se deve essere firmato, che sia l’esatto contrario di quanto accaduto con l’Iran: che sia un accordo vero, che limiti le capacita’ nucleari e militari della Corea del Nord, Paese che per eccellenza ha esportato nel mondo tecnologie missilistiche (soprattutto all’Iran) che hanno creato instabilita’ e conflitto.